Home | Video interventi | L’Italia non deve diventare terra di conquista!

L’Italia non deve diventare terra di conquista!

Share

Master_Video

Ecco a voi il mio intervento in discussione generale sul Jobs act:

MONTEVECCHI (M5S). Signora Presidente, il modo di guardare al mondo del lavoro ci impone qualche riflessione per la complessità dell’argomento, ma soprattutto per le sue implicazioni su quelli che potremmo definire gli immediati dintorni, quella necessità di ovviare a tutti gli ostacoli formali e sostanziali per assicurare a tutti i cittadini un’esistenza libera e dignitosa. È la Costituzione che ce lo ricorda: ce lo ricorda all’articolo 1 e, soprattutto, all’articolo 3.

Negli anni, abbiamo assistito dapprima all’affermarsi dei diritti dei lavoratori con la legge n. 300 del 1970, il cosiddetto Statuto dei lavoratori, cui sono seguite, in base alle innovate esigenze del mondo del lavoro, la legge Biagi del 2003, il cosiddetto collegato lavoro del 2010 nonché, da ultimo, la legge Fornero del 2012.

Tutti provvedimenti mirati, nell’animus del legislatore, ad innovare, tutelare, favorire e migliorare e i cui esiti sono noti a tutti: tutti stiamo pagando le conseguenze dell’esito di questi provvedimenti.

Abbiamo assistito inermi allo smantellamento della dignità dei lavoratori; pezzo dopo pezzo tutti i diritti sono stati mutati per sopravvenire ad esigenze economico-organizzative, anche se poi ci è stato raccontato che ciò è avvenuto invece a causa della globalizzazione piuttosto che della crisi economica, della débâcle dei sistemi capitalistici occidentali. Insomma, ciascuno ha raccontato il proprio personalissimo Truman show.

Da ultimo, la presente legge delega al Governo che, nella sua vacuità, delimita in modo fumoso i principi e i criteri direttivi entro i quali viene delegato l’esercizio della funzione legislativa, quella che noi abbiamo chiamato una delega in bianco. Tuttavia, senza chiare delimitazioni all’esercizio della funzione legislativa delegata all’Esecutivo, non si ottiene alcun risultato certo e forse neanche apprezzabile.

In parole povere, siamo alle solite: si tende a sanare situazioni ormai non più sostenibili, anziché definire una volta per tutte e nel dettaglio – magari anche con scelte impopolari, ma di più ampio respiro – la condizione dei precari nel mondo del lavoro.

Proprio di recente la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata -questa volta in riferimento al settore della scuola e non però per la prima volta in riferimento all’argomento in generale – in relazione alla normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato in quanto, secondo la Corte, tale normativa sarebbe contraria al diritto dell’Unione. In particolare, la Corte di giustizia ha evidenziato che il rinnovo illimitato dei contratti a tempo determinato per soddisfare esigenze permanenti e durevoli nelle scuole statali non è giustificato.

Mi piace ribadire questo punto in quest’Aula, dove oggi ci troviamo a discutere il jobs act. Da gennaio 2015, stante le linee guida illustrate il 3 settembre dal nostro Premier (ancora ci chiediamo come mai all’epoca non lo fece la ministra Giannini, forse per un problema di cappelli politici), partiranno i provvedimenti sulla scuola. Ma allora il Ministro e il nostro Premier dovranno tener conto di questa sentenza, nella quale la Corte ricorda poi come l’accordo quadro si applichi a tutti i lavoratori, senza fornire distinzioni in riferimento alla natura pubblica o privata del datore lavoro, nonché al settore di attività interessato. Quindi, ancora una volta, siamo stati bacchettati in sede europea, giacché la normativa nazionale è in disaccordo con i principi comunitari, quegli stessi principi sottoscritti e recepiti nel nostro ordinamento giuridico, ma che evidentemente sfuggono al legislatore.

Anche senza entrare ulteriormente nel merito della sentenza, è sufficiente sottolineare la necessità di intervenire in modo definitivo sulla spregiudicata e insistita reiterazione dei contratti a tempo determinato per sopperire a mancanze strutturali e ritardi, tanto nella pubblica amministrazione, quanto nel settore privato, ricorrendo anche a misure sanzionatorie, se necessario, prevedendo e possibilmente comminando una sanzione proporzionata, effettiva e dissuasiva.

Concludo con un accorato appello. Viviamo in un’epoca in cui tutti ormai, anche le persone meno informate, percepiscono come questo Paese si trovi su una china e stia scendendo verso una condizione di subalternità, di sudditanza e di Paese colonia. Io ho vissuto in Paesi del Terzo mondo che sono state ex colonie di grandi imperi; ho visto come si vive là, ho studiato il declino di quei Paesi e quanto non è stato fatto dai Governi locali per cercare di porre limiti a questo declino.

Io non voglio e lotterò fino all’ultimo, insieme al mio Gruppo, perché questo Paese rimanga sovrano e non si riduca ad una colonia alle periferie di grandi centri. (Applausi dal Gruppo M5S).

pulsantino_facebookpulsantino_twitter

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*