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Video: Intervento in dichiarazione di voto al Senato sul DL Scuola

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1450166_644337458946508_1796149539_nClicca qui per vedere il video dell’intervento

“Signora Presidente, onorevoli colleghi, un recente sondaggio condotto sul tema dell’accesso e della partecipazione alla cultura, diffuso dalla Commissione europea, ci restituisce il ritratto di un’Italia culturalmente sempre più arretrata: 44 persone su 100 nell’ultimo anno non hanno sfogliato un libro o un giornale; 70 persone su 100 non hanno visitato un museo o una galleria; ma ben 80 su 100 sono coloro che non fanno musica e non studiano danza, non scrivono testi di alcun genere, non fotografano, non fanno lavori con un margine di creatività al computer, non disegnano e via enumerando.

Internet rimane uno bacino di utenza significativo e importante, ma in un mondo in cui – come non ci stancheremo di ripetere – l’informazione cresce a discapito del sapere, quel sapere che nasce dall’acquisizione delle competenze per poter interpretare l’enorme mole di informazioni che ci piove addosso da ogni parte, ci chiediamo quanta sia la capacità di discernere criticamente l’informazione che riceviamo.

Da qui, dunque, l’importanza e la centralità della scuola, ma anche della famiglia, proprio là dove la mancanza di una riforma strutturale e sistematica, per non dire paradigmatica della scuola, e uno sguardo prioritariamente sempre rivolto agli aspetti tecnico-economici e gestionali hanno eroso dall’interno il patto formativo tra scuole e famiglie, generando una doppia fragilità, che ha riflessi sempre più significativi sulle dinamiche e i disagi psicologici e psichici dei ragazzi, che è uno degli aspetti sui quali ci siamo maggiormente soffermati nell’analisi del decreto.

L’Italia per frequenza e fruizione di consumo culturale è scivolata al 23° posto della classifica continentale e, tanto per snocciolare qualche dato, il nostro Paese nella media europea ha un coefficiente pari a 8, mentre la Spagna è a 19, la Francia a 25, il Regno Unito a 26 e, cara Ministra, la Svezia a 43.

Tanto più bisognerebbe investire in scuola, università e ricerca in un’Italia incapace di crescere e immaginare il futuro, con l’economia sull’orlo del fallimento e la morale allo sbando. È fra l’altro deprecabile e assurdo che due provvedimenti come il decreto‑legge «valore cultura» e il decreto‑legge «istruzione» siano giunti blindati, uno alla Camera e l’altro al Senato, e abbiano così mortificato il nostro ruolo parlamentare e il peso che potevamo avere nell’esame di questo provvedimento, come già ricordato dai colleghi (Applausi dal Gruppo M5S), a causa di questo monocameralismo zoppo che rende tutto zoppo, anche la nostra visione del futuro.

Molto del lavoro che abbiamo svolto come Gruppo del Movimento 5 Stelle si è arenato non per nostra volontà, ma, anzi, con il cuore in lacrime. In queste secche si è arenato, ma ciò che è più grave è che si è arenato il tentativo di ridisegnare un paesaggio, di rimettere la scuola, l’università e la ricerca dentro una visione di insieme, affrontandone la complessità e le derive più spinose. Questo è ciò che di fondamentale manca in questo provvedimento, Ministra: una visione. Una visione. (Applausi dal Gruppo M5S).

Non si può pensare di vincere la guerra perdendo tutte le battaglie. Non si può pensare alla riforma del mondo dell’istruzione, come è già avvenuto nel caso emblematico della riforma Gelmini, come a una delle tante riforme servite solo a tirare i cordoni della borsa, barattando presunte buone intenzioni con il computo del ragioniere.

Nella sua replica di stamane, lei ha sostenuto che questo decreto non è una rivoluzione, ma rappresenta un’inversione di tendenza. Certo, ma per andare dove? Lei chiede il nostro voto ripetendo che non si tratta di un testo epocale o rivoluzionario ‑ e siamo d’accordissimo ‑ e dunque rimandando a un futuro prossimo quel confronto auspicato e necessario, grazie al quale finalmente si affrontino la stratificazione normativa e le tante iniquità che sono state compiute in questo settore.

Lei dice che vorrebbe che da oggi partisse un confronto continuo, ribadendo che lei è persona che mantiene la parola. La cosa che ci conforta è che questa affermazione non l’ha fatta seduta sulla poltroncina bianca di un noto programma di RAI 3, perché quelle promesse che il Presidente del Consiglio fece seduto su quella poltroncina nella legge di stabilità sono tutte disattese. Ma noi, che siamo bravi a fare fiato sul collo, faremo sentire tutto il peso del nostro fiato sul collo, affinché lei mantenga le promesse (Applausi dal Gruppo M5S), perché di impegni, con gli ordini del giorno accolti, il Governo ne ha assunti tanti, e noi ci aspettiamo che mantenga fede agli impegni assunti. (Applausi dal Gruppo M5S).

Infatti, qual è il problema nella sua replica? È che lei usa troppi verbi coniugati al futuro e al condizionale e ne usa troppo pochi coniugati al presente. Se è vero che stiamo affrontando dei temi – come lei ha sottolineato giustamente – in cui servono tempo, riflessione e discussione, perché questo confronto non è stato avviato prima, Ministra? Perché ci siamo trovati ad affrontare un provvedimento da cui sono stati espunti alcuni fra i nodi fondamentali, dal reclutamento degli insegnanti in base a criteri meritocratici al finanziamento delle università, che lei stessa non ha fatto fatica ad enumerare in quest’Aula, dicendo anzi che si tratta di temi che interessano la coesione nazionale?

Il fatto che si siano avvicendati, nel breve giro di compasso di poche settimane, il decreto «valore cultura» e il decreto «istruzione» è un segno che dovrebbe essere salutato con soddisfazione e che tuttavia si infrange invece contro la patina festosa di queste presunte buone intenzioni, smentite poi dai fatti. Tanto che si avverte un senso di straniamento fra le dichiarazioni di intenti e l’ombra, che avanza sul terreno dell’istruzione, della legge di stabilità, cioè fra le buone intenzioni di prospettive ad ampio raggio e il bisturi che incombe.

Cara Ministra, sono troppi ormai i trampolini di lancio che abbiamo visto trasformarsi in parcheggi. La vera emergenza scuola, università e ricerca è l’offerta formativa, la qualità dell’offerta. Non possiamo essere un Paese che si accontenta sempre dello stato delle cose, di una scuola abbandonata, a cominciare dall’opacità e dalla criticità nel sistema del reclutamento. Nessun altro settore dello Stato è falcidiato da una precarizzazione selvaggia come l’istruzione. (Applausi dal Gruppo M5S).

Investire in conoscenza e formazione rende nel medio e lungo termine – badi bene, nel medio e lungo termine, quindi ci vuole una visione – più di qualsiasi altro investimento. Invece noi che facciamo? Stiamo mandando al macero intere generazioni, rassegnandoci a una visione in cui la scuola è l’eterna malata della società e non ci sono mezzi e finanziamenti per guarirla.

Lei ha citato anche il problema dell’accesso ai corsi di specializzazione e quant’altro, e poi sentiamo nei telegiornali che i nostri studenti vanno a tentare l’accesso all’estero. Tenga conto anche di questo.

Albert Einstein nei suoi «Pensieri degli anni difficili» scriveva che a volte si vede nella scuola semplicemente lo strumento per tramandare una quantità massima di conoscenza alla generazione che sta formandosi, ma la scuola invece serve a vivere; essa dovrebbe sviluppare nei giovani quelle qualità e quelle capacità che rappresentano un valore per il benessere della comunità. Ciò significa che una comunità di individui tutti eguali, senza originalità e senza mete personali sarebbe una povera comunità senza possibilità di sviluppo. Al contrario, l’obiettivo della scuola deve essere l’educazione di individui che agiscano e pensino indipendentemente, i quali, tuttavia, vedano nel servizio alla comunità il loro più alto problema di vita. (Applausi dal Gruppo M5S).

Nel provvedimento in esame questa visione non c’è e noi quindi ci asterremo dal votare.”(Applausi dal Gruppo M5S e della senatrice Petraglia).

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